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Cgil Varese Informa – Anno I – Numero 4

8 marzo 2021, è tempo di una nuova sorellanza, continuiamo a lottare

E’ passato più di un anno da quando l’OMS il 30 gennaio 2020 ha dichiarato l’epidemia da COVID-19 un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale. Con un severo lockdown il nostro Paese è stato il primo in occidente a reagire con misure drastiche, a mettere in atto limitazioni per prevenire il diffondersi del virus. Abbiamo vissuto in un tempo sospeso in quelle settimane. Donne e uomini, anziani e giovani l’8 marzo 2020 erano chiusi in casa per difendersi dal virus, a riflettere su quanto stava accadendo e sul futuro che improvvisamente era diventato proporzionalmente più incerto a seconda della propria condizione di salute, di reddito e di abitazione. A un anno di distanza, i vaccini attesi non sono arrivati.

A luglio 2020 il Consiglio europeo approva col Next Generation prestiti e sovvenzioni per i paesi membri più colpiti dall’emergenza sanitaria. Importanti risorse economiche condizionate da precise linee strategiche di spesa: modernizzazione del Paese, transizione ecologica, inclusione sociale e territoriale. Nella seconda stesura del piano italiano (PNRR) l’obiettivo specifico sulla la parità di genere è stato cancellato e il contenuto distribuito all’interno di altri capitoli esistenti. Il testo riformulato prevede che in una più ampia strategia di interventi si vengano a colmare “le due grandi faglie di disuguaglianza a danno delle donne e dei giovani”. Nel capitolo Giovani, Donne e Sud -questa l’ultima riformulazione del piano- vi sono inseriti riferimenti alla professionalità, all’imprenditoria femminile, a modelli innovativi di organizzazione del lavoro che agiscono sulle sedi e orari di lavoro per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e cura famigliare.

Partiamo da qui. L’Europa ci offre un’importante occasione che non possiamo sprecare. E’ indispensabile che le risorse destinate ad aumentare l’occupazione, femminile e giovanile, siano investite per accrescere l’occupazione di qualità e abbattere la precarietà. Assicurare alle giovani generazioni e alle donne la possibilità di progettare il proprio futuro è, insieme alla svolta ecologica, l’asse strategico fondamentale per il rilancio del nostro Paese.

La situazione in sintesi. Nonostante il blocco dei licenziamenti i dati Istat dipingono un quadro drammatico per l’occupazione femminile a fine 2020: su 101mila persone che hanno perso il lavoro a dicembre, la quasi totalità è donna! La disoccupazione giovanile è salita al 33,1%. In Italia lavorano solo la metà delle donne in età da lavoro (uomini 70%), il dato peggiora in presenza di figli fino ad arrivare ad un tasso di occupazione femminile pari al 40%; dato che conferma che il lavoro di cura dei figli pesa prevalentemente sulle donne. 1/3 delle donne lavora p. Time : per la maggioranza dei casi, involontario.

Permane la differenza salariale a parità di lavoro fra i generi e nonostante un lento miglioramento, sono ancora poche le donne che raggiungono i più alti ruoli di responsabilità. A tutto ciò aggiungiamo che ancor oggi nei colloqui di lavoro viene chiesto alle donne la loro intenzione di avere figli o meno: sappiamo di donne alle quali è stato caldamente consigliato di dare le dimissioni appena scoperte incinte.

Compie vent’anni la normativa sulla conciliazione dei tempi. Un percorso che ha prodotto alcuni avanzamenti importanti ma non risolutivi rispetto alla maternità/paternità e alla suddivisione dei compiti per la cura dei figli. Spesso il risultato degli accordi sulla conciliazione dei tempi è la flessibilità oraria o di sede di lavoro, importanti ma non utili alla distribuzione equa del lavoro famigliare sulla coppia. E’ arrivato il momento di fare un passo in avanti coraggioso, di attivarci affinché si possa ottenere una legislazione che preveda l’obbligo al congedo di paternità. Riequilibrando fra i genitori le assenze dal lavoro per motivi di cura dei figli si avvierà un percorso di miglioramento per l’occupazione femminile, per l’eliminazione della differenza salariale e di carriera.

Violenza, ancora! Nonostante le leggi questo trauma sociale purtroppo non accenna a diminuire. Anzi durante il 2020 proprio per le costrizioni in casa le violenze e gli abusi sono aumentati.

Per un cambio culturale è’ fondamentale investire copiosamente sulla prevenzione, con percorsi di educazione sentimentale e di diritto dalle scuole medie fino a corsi obbligatori per adulti. Prevenire le violenze migliorando la collaborazione fra medici di base, terapisti, scuole e assistenti sociali. Eliminare le lentezze della Giustizia. Aumentare drasticamente gli investimenti in case rifugio. La violenza sulle donne è un problema degli uomini. Nessuna brutalità verso le proprie mogli, madri e figlie li renderà mai più forti, più veri, più maschi. Tutt’altro. E’ quindi ora che anche gli uomini si facciano carico di questa infamia attraverso un attivismo capillare sul territorio.

Le sofferenze sono ancora tante e le donne da sempre lottano e agiscono per se stesse e per l’intera società; perché la parità e le pari opportunità siano davvero per tutti!

E’ tempo di una nuova sorellanza, è tempo di continuare a lottare.

Stefania Filetti – Segretario Generale Cgil Varese


La pandemia da covid-19 è anche una questione di genere

Il problema del gender gap, ovvero la disparità di trattamento e di prospettiva di crescita personale e professionale tra uomini e donne nel mondo del lavoro, era già presente nel nostro Paese ben prima dell’arrivo del virus, ma la pandemia lo ha posto con prepotenza sotto gli occhi di tutti. Secondo i dati registrati dall’ISTAT, dei 444 mila posti di lavoro persi, attestati in Italia nel 2020, il 70% riguarda le donne.

La ragione del crollo occupazionale femminile è legata alla natura stessa del lavoro delle donne, principalmente impiegate -spesso con contratti part-time e a tempo determinato- nei settori più colpiti dalla crisi, come quello domestico, quello assistenziale e quello dei servizi.

Il cosiddetto “blocco dei licenziamenti” non è riuscito ad arginare il problema (o forse non si è posto il problema).

Se è vero, infatti, che ancora fino al prossimo 31 marzo i datori di lavoro non potranno licenziare per giustificato motivo oggettivo (salvo nei casi eccezionali previsti dalla normativa emergenziale), sono molte le donne che in questo ultimo anno sono state indotte a risolvere con dimissioni il rapporto di lavoro. Queste lavoratrici, costrette a rivedere l’organizzazione familiare anche per la nuova necessità di occuparsi dei figli in DAD, sono state messe con le spalle al muro dai datori di lavoro, obbligate a scegliere -ancora una volta- tra impiego e famiglia: hanno finito per dimettersi quando trasferite a centinaia di chilometri dal proprio domicilio o quando si sono viste negare la possibilità di svolgere le proprie mansioni in smart working.

A proposito di smart working: tra l’aprile e il maggio dello scorso anno, CGIL Politiche di genere e la Fondazione Di Vittorio hanno promosso un questionario finalizzato a indagare le criticità del lavoro da casa e programmare gli eventuali correttivi. Accanto alle tante lavoratrici alle quali le aziende avevano negato la possibilità di utilizzare questo strumento, altre avevano evidenziato come non fossero stati forniti loro gli strumenti di lavoro (riconosciuti al 48% degli uomini intervistati contro il 42% delle donne) e come, da remoto, il rapporto con i superiori avesse registrato un peggioramento di qualità; inoltre le donne, lavorando in smart working, hanno faticato molto a separare vita familiare e vita lavorativa e, a differenza degli uomini, hanno finito per dedicare quasi totalmente ai figli, agli anziani e alla cura della casa il tempo risparmiato negli spostamenti da e per i luoghi di lavoro. In un attimo, siamo tornati indietro di vent’anni.

Non ultimo, infine, l’aggravamento del gender pay gap: storicamente le donne guadagnano molto meno degli uomini a parità di livello di inquadramento; con la pandemia, il divario retributivo è incrementato: basti pensare che la cassa integrazione ha interessato principalmente le lavoratrici, spesso costrette a casa a a zero ore mentre ai colleghi uomini veniva garantita la rotazione in azienda.

L’emergenza sanitaria, diventa dunque anche un’emergenza sociale, che rende non più rinviabile l’adozione di seri strumenti di tutela del lavoro femminile, finalizzati a raggiungere il prima possibile l’uguaglianza di genere anche nel mondo del lavoro.

Giovanna Bianchi – Ufficio Vertenze Cgil Varese


Politiche di genere, una sfida importante per il sindacato

La CGIL è da sempre impegnata a sostenere la libertà e i diritti delle donne, contro ogni discriminazione di genere nel lavoro e nella società e non solo delle donne.

La crisi economica e sociale di questi anni ha visto aumentare la precarietà, mentre permane una condizione di profonda disuguaglianza lavorativa tra uomini e donne fatta di salari inferiori, esclusione dalle carriere dirigenziali, disoccupazione, difficoltà a conciliare la vita familiare e il contesto lavorativo anche a causa dei tagli ai servizi pubblici di cura e di assistenza. L’impatto differenziato tra uomini e donne che la crisi ha avuto nei primi mesi dell’anno suona come un campanello di allarme sugli effetti che ne potrebbe derivare per l’occupazione femminile soprattutto alla luce dell’emergenza sanitaria che sta riesplodendo nelle sue forme più drammatiche.

Le proposte della CGIL vanno nella direzione del riconoscimento e della valorizzazione del ruolo delle donne nella vita sociale e nel lavoro: non soggetti da tutelare ma portatrici di diritti da affermare, di saperi da far valere e di una visione del mondo che può davvero cambiare la realtà e disegnare un futuro diverso per la nostra società.

Il dipartimento si occupa di organizzare eventi relativi al tema delle donne, 8 marzo e 25 novembre, e non solo.

Si interfaccia con la consigliera di Parità della provincia di Varese per questioni di discriminazione all’interno dei luoghi di lavoro quando è necessario.

Fa parte della R.I.V. (Rete interistituzionale contro la violenza) di cui il Comune di Varese è capofila oltre alle OOSS vi aderiscono tutti i centri antiviolenza della provincia e le varie istituzioni del territorio.

Lavoriamo con Eos il centro antiviolenza di Varese.

Roberta Tolomeo – Dipartimento Politiche di Genere Cgil Varese


E.O.S.  Essere ovunque soggetti

EOS è un’Associazione di volontariato che dal 1998 sostiene le donne vittime di violenza e maltrattamenti in famiglia.

EOS è iscritta all’Albo Regionale dei Centri Antiviolenza, delle Case Rifugio e Case di Accoglienza.


Questo non è un mondo per donne, il punto di vista di una ragazza

Vorrei non dover lottare l’8 di marzo.

Vorrei vivere in un mondo in cui l’8 marzo è diventato una specie di Natale laico delle donne, dedicato al riposo, alla memoria, alla condivisione e alla celebrazione delle conquiste acquisite e dei traguardi raggiunti.

Un mondo in cui medicina di genere e bilancio di genere sono strumenti acquisiti una volta per tutte; che si fa carico in modo collettivo e condiviso della riproduzione e della cura di tutte le fasce della propria popolazione, e che non fa lavorare gratis le donne per il 70% del loro tempo.

Un mondo che, al paradigma della competizione, della sopraffazione e della violenza predatoria, oppone il paradigma della cura: cura degli esseri umani, ma anche del nostro Pianeta.

Un mondo che riconosce l’importanza di liberare il tempo delle donne non più per garantire loro il riposo necessario a reggere i ritmi imposti da un mondo maschile, ma perché possano esercitare i propri diritti e doveri di cittadinanza attraverso una partecipazione attiva e consapevole alla vita democratica.

Un mondo dove molte più donne parlano a nome delle donne, e le parole delle donne diventano parole universali, scardinando l’eterna parola maschile fintamente neutra; un mondo costruito dalle donne a misura di tutte e tutti.

Purtroppo, finché questo mondo non sarà in essere, l’8 di marzo non possiamo riposare né festeggiare: ci tocca scioperare, lottare come tutti gli altri giorni e anzi in questa data lottare più forte.

Perché questo sistema, patriarcale e maschilista, ci vuole ancora fiorite come mimose l’8 di marzo e invisibili e compiacenti gli altri 364 giorni dell’anno.

Giulia Tiziani


Donne, donne, donne, in arrivo un video inedito di Marina De Juli

L’8 marzo 2021, Giornata della donna, cade ancora una volta nel corso di una pandemia, con tutte le conseguenze che questa emergenza sanitaria produce sull’organizzazione di eventi e momenti pubblici. Partendo da tale situazione, Cgil Cisl e Uil di Varese hanno pensato di affidare al linguaggio del teatro e della cultura una riflessione sul mondo della donna e i suoi problemi. A tale proposito i sindacati confederali hanno coinvolto un’artista di grande fama, Marina De Juli, regista, attrice e autrice con una lunghissima esperienza teatrale e artistica, tra le allieve predilette di Dario Fo e Franca Rame, con i quali ha lavorato a lungo sui palcoscenici di tutto il mondo.

Per quale motivo? Per richiamare in un video in via di realizzazione, che avrà come protagonista la De Juli, le donne, la loro storia, la loro cultura, le loro lotte, ma soprattutto il loro ruolo nella società, che è mutato sotto certi aspetti, ma continua anche a mostrare diseguaglianze e difficoltà, peraltro accresciute dalla pandemia, rispetto all’universo maschile.

C’è grande attesa per questo contributo video che sta curando Marina De Juli e che, una volta completato, sarà pubblicato sui siti web e sui social di Cgil Cisl e Uil di Varese. Un video che offrirà la possibilità di una riflessione sulla donna in occasione dell’8 marzo, una riflessione seria su problemi seri,  a cui però si potrà accompagnare – considerato lo stile ironico dell’artista – un piccolo sorriso dolceamaro.

Andrea Giacometti – Responsabile Ufficio Stampa Cgil Varese


 

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