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Cgil Varese Informa – Anno I – Numero 11

Sblocco licenziamenti, un passaggio stretto

Sabato 26 giugno, dopo più di un mese di mobilitazioni diffuse in diverse parti del nostro paese, in migliaia hanno risposto alla mobilitazione che la CGIL ha organizzato insieme a CISL e UIL.  Dalle piazze di Torino, Firenze e Bari abbiamo rivendicato diritti e coesione sociale, lavoro e ammortizzatori sociali, pensioni sanità e scuola.  C’eravamo anche noi! Nel rispetto delle regole anti-covid la CGIL di Varese era presente a Torino con una ricca delegazione di delegati e pensionati. Nei giorni successivi la trattativa con il Governo sullo sblocco dei licenziamenti si è intensificata. Il Governo, nella cabina di regia, aveva definito che Il blocco dei licenziamenti sarebbe proseguito solo per le lavoratrici e lavoratori del settore del tessile, il settore fra tutti più in difficoltà, dove si sono sommate le già difficili condizioni di un settore in trasformazione da anni, alla mancata ripresa del post lockdown.

La stessa cabina di regia aveva aggiunto la possibilità di ulteriori tredici settimane di cassa integrazione straordinaria per le imprese in crisi che avevano terminato gli ammortizzatori ordinari.  Una mediazione raggiunta in seno al Governo dove solo una esigua minoranza appoggiava il proseguimento del blocco di licenziamento, gli altri la maggioranza interna al Governo, aveva già deciso da tempo che bisognava arrivare allo sblocco dei licenziamenti senza ulteriori proroghe.   Il pressing di Confindustria e delle altre associazioni delle imprese hanno condizionato fortemente le scelte del Governo che ha respinto ogni altro tentativo di gradualità dello sblocco. Quanto proponeva il Governo era ed è insufficiente.

 E’ con questa difficoltà che ci siamo misurati, in questa fase di estrema incertezza per il futuro è stato necessario riuscire ad ottenere un impegno sulla riforma degli ammortizzatori sociali. Siamo riusciti ad ottenere un impegno da parte del Governo e delle associazioni di impresa all’utilizzo ogni singolo strumento utile ad evitare i licenziamenti: ammortizzatori sociali, contratti di solidarietà, rimodulazione dell’orario di lavoro. La situazione economica e occupazionale pur diversa tra regioni e settori resta complessivamente estremamente preoccupante. Non più rinviabile l’aggiornamento, insieme all’estensione degli ammortizzatori sociali, del sistema delle politiche attive, della formazione continua e permanente per  le lavoratrici e i lavoratori.

Ma i licenziamenti collettivi non si non si sono fatti attendere. Ci sono licenziamenti alla ABB, alla Gianetti, alla GKN, alla Whirlpool di Napoli e temiamo fortemente sia solo l’inizio.  Queste imprese non stanno rispettando il patto! Non vogliono usare gli ammortizzatori sociali, vogliono procedere con le chiusure, con le ristrutturazioni.  Hanno fretta di delocalizzare, di recuperare il profitto perso, a loro non importa lasciare sul lastrico i lavoratori e le loro famiglie in un momento di massima fragilità, dove per molti sarà difficile trovare un nuovo lavoro in poco tempo.  Gli scioperi proseguono e si intensificano, anche questa settimana. Continueremo a rispondere e a rivendicare con forza e più di prima tutele e occupazione.

 E’ stato giusto e importante firmare il patto con il Governo. Il rispetto di quell’intesa dipenderà dalla velocità e dal merito della riforma degli ammortizzatori sociali, ma anche di quella fiscale e delle pensioni. Tre grandi temi fondamentali per l’occupazione e il futuro dei lavoratori, dei giovani delle donne e dei pensionati.

 Il rispetto di quel patto dipenderà dal Governo, se darà consistenza agli incontri con le Organizzazioni sindacali se il lavoro e la coesione sociale ritorneranno ad essere centrali nelle politiche economiche e sociali di questo nostro Paese. Il rispetto di quel patto dipenderà soprattutto dalla serietà e dalla lungimiranza o meno della classe imprenditoriale di questo paese, di ogni singola impresa, nessuna esclusa.

Stefania Filetti – Segretario Generale Cgil Varese

 


Codice appalti, una mobilitazione nell’interesse di lavoratori e cittadini

Il mese di giugno per la Filctem Cgil si è concluso con due mobilitazioni. La prima il 22 giugno 2021, legata al rinnovo del contratto tessile, e la seconda, il 30 giugno 2021, legata invece al codice degli appalti che riguarda i lavoratori del settore energia e  gas-acqua. Il CCNL tessile-abbigliamento smi che riguarda circa 400.000 mila addetti è scaduto il 31 marzo del 2020 e l’apertura della trattativa in piena situazione emergenziale ha permesso di condividere i gravi problemi che il settore sta attraversando. Il comparto moda è stato il settore più colpito tra tutti i settori industriali.

Fin dalla presentazione della piattaforma sindacale alle controparti con la proposta per il rinnovo, sono state ben presenti le contraddizioni di un settore complesso come quello della filiera tessile, le cui differenze di fatturato tra realtà si sono ulteriormente allargate con la pandemia e si sono cercate soluzioni condivise basate sulla massima responsabilità tra le parti.

Dopo oltre un anno dalla scadenza, Sistema Moda Italia, anziché soffermarsi sulle proposte del sindacato, ha presentato controproposte che non solo vanno in controtendenza rispetto alle richieste sindacali, ma addirittura vanno a mettere in discussione l’impianto contrattuale laboriosamente costruito in anni di relazioni industriali.

Nonostante tutti gli sforzi per mantenere il dialogo e la trattativa aperta, le posizioni tra le parti sono molto distanti.

La controparte non ha nessuna voglia di gestire insieme ai lavoratori, e alle loro rappresentanze, sia il prossimo periodo sia la trasformazione del settore, inevitabile dopo la pandemia e le sue conseguenze. L’obiettivo è quello di imporre la gestione unilaterale dell’organizzazione del lavoro, modificare la flessibilità, gli straordinari, gli orari di lavoro e le ferie ad uso e consumo del sistema imprese. La controparte punta a diminuire la democrazia nei luoghi di lavoro.

Di fronte a questo stato di cose abbiamo deciso con Femca e Uiltec di dichiarare lo stato di agitazione ed una serie di presidi in vari territori del paese per il 22 giugno, con l’auspicio che  si possa riprendere un dialogo costruttivo e condivisibile

Il 30 giugno si è svolto uno sciopero per chiedere la cancellazione dell’articolo 177 del codice degli appalti. La sua applicazione obbligherà le aziende concessionarie ad esternalizzare l’80% di tutte le attività, anche nei casi in cui vengano svolte dal proprio personale. L’obbligo della dimissione riguarda indistintamente i concessionari titolari di affidamento senza gara, indipendentemente dalla struttura che gestisce la concessione, dall’oggetto e dall’importanza del settore strategico cui si riferisce la concessione.

La scelta legislativa non appare pertanto equilibrata rispetto alle contrapposte aspettative dei concessionari di proseguire l’attività economica in corso di svolgimento, con l’inerente realizzazione degli equilibri economico – finanziari su cui erano stati pianificati i relativi investimenti; e di mantenimento delle conoscenze strategiche, tecniche e tecnologiche acquisite, oltre alle professionalità acquisite, rilevanti anche sotto il profilo dell’interesse pubblico.

Il rischio è la desertificazione e destrutturazione dei servizi pubblici essenziali, lo smembramento delle aziende più importanti che finora hanno garantito un’attività altamente qualificata e la destrutturazione dei contratti nazionali. A perdere il lavoro saranno quelle persone, circa 150 mila di cui almeno 500 sul territorio di Varese, che hanno aiutato il Paese nel momento più buio, garantendo durante la pandemia la piena efficienza dei servizi elettrici e del gas.

Le mobilitazioni sono solo all’inizio, prevediamo ulteriori iniziative nei mesi a venire.

Silene Radrizzani – Segretario generale FILCTEM CGIL VARESE


Durc di congruità, lo strumento per battere il lavoro nero

Il 25 giugno scorso il ministro Orlando ha firmato il decreto attuativo che dà vita al Durc di congruità. Un decreto che rappresenta una grande vittoria del sindacato in difesa dei Lavoratori edili, uno strumento per arginare la triste piaga del lavoro irregolare e che garantisce un maggiore controllo nel sistema degli appalti e subappalti.

Diventa Legge quanto previsto dall’accordo firmato dalle parti sociali nel settembre 2020. Finalmente si scrivono regole certe che quantificano gli operai necessari e le ore lavorate per portare a termine ogni singola lavorazione di un cantiere. Dal 1° novembre 2021, al termine di una opera, il numero di ore lavorate dovrà essere “congruo”, appunto, con la quantità di manodopera prevista. Questo varrà tanto negli appalti pubblici, quanto nei cantieri privati, con un valore complessivo superiore ai 70mila euro. Una norma che si applicherà all’intero comparto delle costruzioni, dalle stazioni appaltanti, agli appalti, ai sub appalti, fino ai lavoratori autonomi.

Ogni Cassa Edile, l’ente bilaterale dell’edilizia, all’atto del rilascio del Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva), certificherà non solo i versamenti per ogni singolo addetto, come accade oggi, ma anche la corrispondenza delle ore dichiarate dall’azienda per il singolo cantiere. La non corrispondenza con la quantità di ore previste e quelle dichiarate produrrà un Durc negativo, obbligando l’azienda a regolarizzare le ore non dichiarate (frutto, evidentemente, o di ore pagate “in nero” o di appalti non regolari).

La Fillea CGIL ha iniziato a rivendicare questo strumento addirittura nei primi anni ’90. Fino a pochi anni fa avevamo ben pochi alleati. Erano gli anni in cui l’edilizia era un po’ il traino dell’economia, l’importante era sviluppare il settore. Ora, probabilmente, anche le aziende si sono rese conto che il sistema dei subappalti al massimo ribasso genera problemi in primis alle aziende stesse, perché il dumping salariale alla lunga ha favorito le aziende non strutturate, o peggio, quelle in mano alla criminalità organizzata che utilizza da sempre l’edilizia per ripulire i proventi dei traffici illeciti. Dopo anni di serrati confronti sul tema, abbiamo finalmente creato un contesto normativo che ha permesso di ottenere questo grande risultato.

Attraverso il PNRR sono in arrivo una massa di finanziamenti imponente per i lavori pubblici e le grandi opere, con una quantità significativa di bonus per la manutenzione e per la rigenerazione nel privato. Questo elemento innovativo, che abbiamo contribuito a creare, sarà decisivo affinché il lavoro di qualità generi la qualificazione delle aziende, di tutto il comparto e delle lavorazioni che verranno svolte nei prossimi anni. Il decreto, in sostanza, ci dice che chi fa un lavoro edile deve avere il Durc. Ma per averlo deve applicare il contratto edile. A tutti i lavoratori edili bisognerà quindi applicare il contratto nazionale, e passare per la cassa edile. Questo non solo porterà a un’emersione delle irregolarità, ma permetterà anche di ricomporre l’intera filiera. Si limitano infatti anche i contratti pirata e tutti le “invasioni” improprie dei perimetri contrattuali. Insomma, chiudiamo il cerchio sugli appalti pubblici e lo apriamo nel privato. La congruità porterà trasparenza, cantiere per cantiere. La cassa edile, che si conferma strumento imprescindibile, conoscerà ogni singola lavorazione e quanti operai sono impegnati, costringendo le aziende non serie a mettersi in regola. Il decreto porterà infine maggiore sicurezza.

Il prossimo passo in questa direzione, per la Fillea CGIL, è che, dopo aver acquisito il Durc di congruità da parte del Governo, sarà richiesta alle controparti l’istituzione del cartellino di cantiere (già, perché nel 2021 gli edili non timbrano il cartellino…) per rafforzare ulteriormente il controllo sulle ore lavorate, su quali aziende entrano in un cantiere e su quali e quanti lavoratori sono effettivamente impiegati. Perché da sempre nei cantieri la sicurezza, la regolarità e l’organizzazione del lavoro vanno a braccetto.

Stefano Rizzi – Segretario generale Fillea Cgil Varese


Pensioni, la “controriforma” della Lega e le proposte della Cgil

Nella proposta di legge 2855, che vede come primo firmatario Claudio Durigon, già Sottosegretario al Ministero Economia e Finanze del Governo giallo-verde, già Vice Segretario Generale dell’UGL, oltre a un gruppo di 48 leghisti, vi sono elementi di forte preoccupazione per quanto riguarda i contributi delle lavoratrici e dei lavoratori che sono nel sistema di calcolo misto.

Vediamo nel dettaglio. Durigon nella sua proposta di legge parte dalla seguente considerazione: “al termine del corrente anno 2021 si concluderà la fase sperimentale del criterio di accesso alla pensione anticipata con «quota 100» (62 anni di età associati a un minimo di trentotto anni di contribuzione). Prosegue sostenendo che da parte del Governo vi è l’intenzione di non prorogare ulteriormente la sperimentazione e che l’assenza di ulteriori criteri di accesso alla pensione determinerebbero uno «scalone» a causa della distanza fra i vecchi e i nuovi criteri, che potrebbero prevedere fino a 67 anni di età per alcuni o fino al requisito contributivo di 42 anni e 10 mesi per gli uomini o di 41 anni e 10 mesi per le donne. Infine ribadisce che sulla differenza di accesso tra uomini e donne alla pensione si è aperta fin dal 2013 una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea.

La presente proposta di legge prevede in particolare e nello specifico da noi esaminato, due interventi:

a) l’introduzione di un nuovo e unico requisito per l’accesso anticipato alla pensione che tenga conto di tutta la contribuzione versata dal lavoratore in qualsiasi gestione previdenziale e che nella sua determinazione applichi principi di calcolo attuariali tipici del sistema contributivo;

b) il mantenimento della «quota 100» unicamente per i soggetti che svolgono lavori usuranti.  In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera a), sostituisce integralmente le regole introdotte dalla riforma Fornero (comma 10 dell’articolo 24 del decreto legge n. 201 del 2011) prevedendo un nuovo e unico requisito contributivo pari a 41 anni per tutti.

Sottolineiamo come la Lega, che ha sempre sostenuto il superamento della Legge Fornero, la supera andando ad applicare a tutti il sistema di calcolo contributivo. E, dunque, peggiorando anche laddove la Fornero non ha aveva osato.

Quindi tutte le lavoratrici e i lavoratori che sono nel sistema misto a partire dal 1996 (in quanto non avevano almeno 18 anni di contributi alla data del 31 dicembre 1995) e quelli che sono diventati misti con la riforma Fornero dal 1 gennaio 2012, si vedrebbero decurtare la loro pensione futura. E inoltre non avrebbero nessuna possibilità di scelta, perché i 41 anni di contributi diverrebbe l’unica uscita alternativa a quella dei lavori usuranti e alla vecchiaia a 67 anni di età.

Abbiamo di conseguenza provato a fare due conti sugli effetti dell’importo mensile di una pensione con 41 anni di contributi con il sistema misto (attualmente in vigore per i lavoratori precoci) e il ricalcolo della stessa pensione con il sistema totalmente contributivo (come da proposta della Lega) e osserviamo cosa accade:  Il nostro lavoratore Mario Rossi è del comparto chimico, precoce, con 41 anni e 4 mesi (2148 settimane) di contributi, calcolo contributivo dal 1996 non avendo i 18 anni di contributi al 31/12/1995, infine ha una retribuzione pensionabile medio alta tra i 30.000 e i 35.000 euro

1) la sua pensione lorda annua con l’attuale sistema misto è pari a 24.614 euro annui, quella mensile è di 1.893 euro;

2) la sua pensione stando a quanto previsto dalla proposta della Lega applicando per tutti i 41 anni il sistema contributivo è pari a 19.108 lordi annui, quella mensile è di 1.469.

Conseguenze della simulazione: differenza annua meno 5.506. Mario Rossi alla data di pensionamento aveva 60 anni, calcolando l’aspettativa di vita di un uomo in Italia pari a circa 80 anni, andrebbe a perdere oltre i 110.000 mila euro.

Dopo i tagli fatti all’assegno pensionistico con la “opzione donna” previsto dalla riforma Maroni del 2004, che hanno ridotto in media di un buon 25-30% in conseguenza del ricalcolo (su adesione volontaria dell’interessata) con il sistema contributivo dell’intera pensione con la rinuncia (volontaria) al calcolo misto e con un doppio requisito (35 anni di contributi 58 anni di età e una finestra di ben 12 mesi), ora l’assalto è al sistema misto di tutti?  Ancora una volta le più penalizzate tra i penalizzati sarebbero le donne perché, se fino a oggi con il blocco dell’aumento dell’aspettativa di vita, potevano contare almeno fino al 2026 di uscire dopo 41 anni e 10 mesi di contributi e con un sistema di calcolo misto, ora con soli 10 mesi di differenza si vedrebbero decurtata la pensione a vita.

Infine l’infrazione della Commissione Europea che sembra tormentare le notti di Durigon. Nella sostanza il fatto che le donne potessero andare in pensione anticipata un anno prima degli uomini per effetto della legge Fornero, è stato giudicato discriminatorio, ma la Commissione va oltre e suggerisce di non abbassare gli anni degli uomini ma di alzare quello delle donne: “L’innalzamento, anche per le donne, dell’anzianità contributiva richiesta per l’accesso alla pensione “anticipata” – a tacitazione delle richieste della Commissione – produrrà una diminuzione della spesa pubblica”.

Quali le proposte fatte dal sindacato unitariamente e quelle che sono le rivendicazioni più in generale nel confronto con il nuovo Governo?

Superare l’impianto della Legge Fornero a partire dal 2022; introdurre una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età; riconoscere la diversa gravosità dei lavori, il lavoro di cura e delle donne; offrire una prospettiva previdenziale anche ai più giovani e a chi fa lavori poveri o discontinui attraverso una pensione di garanzia; tutelare il potere di acquisto dei pensionati ed estendere la 14a mensilità; rilanciare la previdenza complementare attraverso un semestre di silenzio assenso.

Giancarlo Ardizzoia, Segreteria Cgil Varese                                   

Alessandra Lo Biundo, Responsabile Inca Tradate


Assegno temporaneo per figli e Assegno al nucleo familiare

Il 1° luglio 2021 avrebbe dovuto entrare in vigore l’Assegno Unico e Universale, ma il ritardo nell’adozione dei decreti attuativi ha determinato che la misura in questione è stata rimandata a gennaio 2022.  Al suo posto, al fine di iniziare a porre le basi per l’adozione dell’Assegno Unico, il 04 giugno 2021 il Governo ha emanato un decreto con il quale viene stabilito che a partire dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021 è prevista l’erogazione di un assegno temporaneo definito “assegno ponte” a favore delle famiglie con figli minori che non hanno diritto a percepire l’assegno per il nucleo familiare (ANF).

Lo scenario normativo che si è venuto a determinare vede da una parte i lavoratori dipendenti che continueranno a percepire gli ANF maggiorati fino al 31/12/2021 facendo la consueta domanda all’INPS e dall’altro i percettori dell’assegno ponte che comprende i nuclei familiari che non possiedono i requisiti per gli ANF.

Sulla materia l’INPS ha emanato due messaggi n. 2331 del 17.06.2021 e n.2371 del 22.06.2021.

Assegno temporaneo

L’assegno è rivolto alle seguenti tipologie di destinatari:

  • nuclei familiari che superano il limite di reddito degli ANF;
  • nuclei familiari il cui reddito derivante da lavoro dipendente è inferiore al 70% del reddito complessivo del nucleo familiare;
  • disoccupati non percettori di NASPI;
  • inoccupati;
  • lavoratori autonomi;
  • titolari di partite IVA;
  • iscritti alla Gestione Separata (che non hanno la copertura contributiva di tutti i mesi);
  • titolari del Reddito di Cittadinanza.

Per aver diritto alla prestazione è necessario essere in possesso di un ISEE in corso di validità inferiore a 50.000 euro annui.

Per quanto riguarda l’ISEE se i genitori sono coniugati si considera quello ordinario, altrimenti si fa rifermento a quello minorenni.

Inoltre bisogna avere i seguenti requisiti:

  • essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’UE, o suo familiare titolare del diritto di soggiorno;
  • essere cittadino di uno Stato non appartenente all’UE, in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale;
  • essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
  • essere domiciliato o residente in Italia e abbia i figli a carico sino al compimento del diciottesimo anno d’età;
  • essere residente in Italia da almeno 2 anni, anche non continuativi, oppure sia titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale.

L’assegno “ponte” viene corrisposto per ogni figlio minore d’età:

  • in base al numero dei figli,
  • e alla situazione economica della famiglia attestata dalla dichiarazione ISEE.

Il quantum diminuisce all’aumentare del livello dell’ISEE. L’importo dell’assegno temporaneo varia da un minimo di 30 euro ad un massimo di circa 217 euro per ciascun figlio.

Se il nucleo è composto da più di due figli:

  • l’importo unitario per ciascun figlio minore viene aumentato del 30%,
  • per ciascun figlio minore con disabilità gli importi sono maggiorati di 50 euro.

Per quanto concerne la condizione di figli a carico prevista dalla norma, tale requisito sussiste in caso di reddito complessivo annuo del figlio minore non superiore a 4.000 euro.

La domanda va presentata dal genitore che risiede e convive con il minore al momento della domanda.

L’assegno verrà erogato mensilmente sul conto corrente dei richiedenti.

In caso di genitori separati o divorziati, se vi è l’affido condiviso l’assegno verrà ripartito al 50% tra i due genitori sull’IBAN di ognuno.

La domanda potrà essere presentata attraverso i seguenti canali:

  • Patronati
  • Portale web attraverso servizio telematico che sarà attivo su www.inps.it
  • Contact center

La procedura telematica è attiva a partire dal 1° luglio.

L’Assegno spetta a decorrere dal mese di presentazione della domanda.  Per le domande presentate entro il 30/09/2021 sono corrisposte le mensilità arretrate a partire dal mese di luglio 2021.

In caso di percezione del Reddito di Cittadinanza l’assegno viene corrisposto d’ufficio dall’INPS fino a concorrenza dell’importo dell’assegno spettante in ciascuna mensilità.

Nei casi di variazione del nucleo familiare in corso di fruizione dell’assegno ponte, dovrà essere presentata una DSU aggiornata entro due mesi dalla data di variazione.

In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi che attueranno la misura definitiva dell’Assegno Unico, l’Assegno temporaneo è compatibile con altre misure a sostegno dei figli quali:

  • assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori di cui art.65 della L.448/1998;
  • assegno di natalità (c.d. bonus bebè) di cui all’art.1 comma 125, della L.190/2014;
  • premio alla nascita (c.d. bonus mamma domani) di cui all’art.1, comma 353 della L.232/2016;
  • fondo di sostegno alla natalità previsto dall’art. 1 commi 348 e 349, della L.232/2016.
  • detrazioni fiscali per minori, di cui all’art.12, comma 1, lett. C e 1-bis del Tuir;
  • assegni familiari previsti dal T.U. approvato dal dpr 797/1955 (AF autonomi).

Assegno al nucleo familiare per lavoratori dipendenti

I lavoratori dipendenti devono presentare regolarmente come ogni anno la domanda di ASSEGNI FAMILIARI, che verranno erogati riferendosi alle tabelle dell’anno precedente ma che per il periodo che va dal 01/07/2021 al 31/12/2021 verranno erogati con le seguenti maggiorazioni:

37,50 euro per ciascun figlio in favore dei nuclei familiari fino a due figli;

55 euro per ciascun figlio in favore dei nuclei familiari di almeno tre figli.

Roberta Orlando – Direttore Patronato Inca Cgil Varese


Guardare il Recovery Plan con gli occhi del sociale

Il Recovery Plan evidenzia le scelte di fondo compiute sia dall’Europa che dal governo Italiano. Vorrei intervenire su uno degli interrogativi che continuamente ricorre e nel quale, si nasconde un equivoco: “il Piano sarebbe l’occasione per un nuovo modello di sviluppo.”  Poiché i termini, le parole, hanno un significato, bisognerebbe riflettere bene prima di usarle. Attualmente siamo in una economia di mercato, in un’economia capitalista, abbiamo un sistema che produce per consumare e consuma per produrre. Ciò impone che la libertà di scelta nei consumi sia limitata all’offerta che il modello produttivo offre. È un meccanismo granitico, nel senso che, pur tra crisi cicliche, l’economia di mercato è la cruda realtà. L’Europa si è caratterizzata per un sistema di Welfare che attenuasse gli effetti devastanti del puro mercato.

A mio avviso sarebbe forse più corretto dire che il Recovery Plan possa indicare linee di produzione più green, più rispettose dell’ambiente, più rispettose delle persone, evitando di dire che si cambia un modello di sviluppo perché un nuovo modello di sviluppo avrebbe bisogno di ben altro.

La crisi ciclica degli ultimi vent’anni è giunta al suo capolinea dopo che i quattro motori produttivi nel mondo si sono fermati contemporaneamente nel 2019 a causa della pandemia. La crisi sanitaria mondiale sta spostando il confronto economico nel mondo, dalla globalizzazione selvaggia sul piano planetario, ad una globalizzazione tra continenti: Cina, America, Giappone, Europa, cioè tra piattaforme produttive.

Da qui nasce il salto di qualità che l’Europa ha fatto con il Recovery Plan, mettendo in campo una quantità di risorse che non ha pari, facendo un grande passo avanti dal punto di vista delle politiche europee.  L’aumento della competitività europea dipende dalla crescita delle economie più deboli, come la nostra. Questi paesi (il nostro in particolare) hanno maggiori margini di recupero di produttività, fattore decisivo per il raggiungimento del traguardo europeo. Questa è la ragione per cui all’Italia vengono assegnati questi 209 miliardi. Essi non sono un regalo ma un investimento funzionale al raggiungimento degli obiettivi europei.

Le linee del Pnrr italiano rispondono alle linee di indirizzo europeo?  Il tema che si pone per noi oggi è il seguente: nel capitolo inclusione, resilienza e formazione, quanto spazio c’è per la piattaforma di Cgil, Cisl e Uil e dei sindacati dei pensionati? Il fatto che si stia discutendo in modo positivo con il ministero del Lavoro e quello della Sanità sulla non autosufficienza è sicuramente un fatto rilevante, e se, in questa legislatura riuscissimo a tradurre in legge il confronto, realizzeremmo un obiettivo storico. Però un conto sono i progetti, un altro è la loro realizzazione .

Nel governo ci sono due concezioni opposte sul ruolo dello stato: una che immagina che la crescita del mercato risolva ogni problema, e l’altra che immagina che lo stato debba anzitutto avere al centro le persone, la loro formazione, la loro sicurezza la loro inclusione. Per questo il confronto sulla non autosufficienza, sulla riforma delle pensioni compreso il meccanismo di rivalutazione delle stesse, con la riforma del fisco, sono per noi temi prioritari.

E’ corretta la risoluzione della Cgil sulla questione degli appalti, ma altrettanta energia deve essere impiegata per la difesa del potere di acquisto delle pensioni anche attraverso la riforma del fisco perché la salvaguardia del potere di acquisto è il tema di oggi. Si devono accelerare le opere accorciando le procedure e non saltando i meccanismi di controllo. Garantire la sicurezza e la prevenzione degli abusi, delle infiltrazioni mafiose eccetera, credo sia il compito di tutti.

Angelo Castiglioni – Segreteria Spi Cgil Varese


Giornata mondiale del rifugiato, tutti i numeri di una tragedia

Nel Mediterraneo cresce il numero di morti e dispersi. Migliaia i migranti riportati nei centri di detenzione in Libia. Nel mondo si contano oltre 82 milioni di persone in fuga da guerre, persecuzioni e cambiamenti climatici. L’Unhcr ha fatto il punto della situazione in occasione della Giornata mondiale del rifugiato del 20 giugno 2021. Sulla rotta mediterranea, una delle più pericolose al mondo, si continua a morire nel tentativo di raggiungere l’Italia, la Spagna, la Grecia o Malta, per sfuggire a guerre, persecuzioni, conflitti e cercare di ricostruirsi una vita migliore. Nei primi mesi del 2021 si stima che siano 807 le persone morte o disperse in mare (dati al 14 giugno 2021). Sono 32 mila i migranti arrivati sulle coste meridionali dell’Europa, in gran parte via mare e partendo soprattutto dalla Libia; poco più di 2.500 sono arrivate via terra, dalla Grecia e dalla Spagna. Molte le donne e i minori non accompagnati, che hanno bisogno di protezione internazionale a causa della loro situazione personale o per ciò che hanno vissuto durante il viaggio, in particolare in Libia; vittime di traffico di essere umani, hanno subito estorsioni, violenze di genere, minacce.  I principali Paesi di origine sono Bangladesh, Tunisia, Siria, Costa d’Avorio, Eritrea, Guinea, Sudan, Egitto, Afghanistan.

L’Italia ha accolto 16.819 persone, con un aumento del 200% rispetto allo stesso periodo del 2020, quando si registrarono 5.585 arrivi (dati Unhcr al 14 giugno e ministero dell’interno). Di tutte le persone salvate o intercettate nell’area di ricerca e salvataggio della Libia, solo una minima parte è stata portata in luoghi sicuri grazie all’intervento di Ong. La maggior parte è stata riportata in Libia, in centri di detenzione.

Bisogna fare di più per salvare vite nel Mediterraneo, aumentando la capacità di ricerca e salvataggio, rafforzando la protezione nei Paesi lungo il viaggio verso la Libia, affrontando le cause che costringono le persone a fuggire e favorendo l’accesso a vie sicure e legali. Smettendo di riportare in Libia chi viene salvato in mare. L’Unhcr stima che nel 2020 sono state 82,4 milioni le persone in fuga nel mondo a causa di guerre, conflitti, persecuzioni e cambiamenti climatici. Di questi, 45,7 milioni sono sfollati all’interno del loro stesso Paese e circa 34 milioni sono bambini e ragazzi minori di 18 anni.  I rifugiati sono 26,3 milioni e poco più di 4 milioni i richiedenti asilo. Oltre i due terzi dei rifugiati sotto il mandato dell’Unhcr provengono da appena cinque Paesi: Siria, Venezuela, Sud Sudan, Myanmar e Afghanistan. La maggior parte dei rifugiati è accolta da Paesi in via di sviluppo e 4 su 10 sono accolti da cinque Paesi soltanto: Turchia, Colombia, Pakistan, Uganda e Germania (dati Unhcr).

I rifugiati in molti casi sono studenti e insegnanti, cuochi, medici e infermieri. Portano con sé nella fuga un bagaglio di competenze che possono arricchire le comunità ospitanti, diventando risorse preziose per la società e per il bene comune. Il dramma della fuga rappresenta spesso per i rifugiati il motore di una forte spinta a ricominciare.

Gianni Ardizzoia – Dipartimento Immigrati CGIL Varese

Jacques Amani – Dipartimento Immigrati CGIL Varese

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