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Sanità, la parabola discendente

Aggressioni e violenze negli ospedali riportano alla luce carenze strutturali. Dall’alto solo risposte punitive.  Necessarie, invece, misure di maggior respiro

Sono passati meno di 5 anni dall’inizio della pandemia. Un tempo brevissimo, che però ha lasciato strascichi evidenti e forse irreversibili sul nostro Servizio Sanitario Regionale e Nazionale. La parabola degli eroi e degli angeli è terminata nel momento stesso in cui l’emergenza è finita. L’ultimo segnale, esplicito e palese, è una proposta di rinnovo del Contratto Nazionale al di sotto della crescita dell’inflazione.

A questo segnale dall’alto se ne aggiungono alcuni, per certi versi più preoccupanti, che giungono dall’utenza: sono tornate a moltiplicarsi negli ultimi mesi, anche in Provincia di Varese, gli episodi di aggressioni – verbali e fisiche – a carico del personale operante nella Sanità, specialmente nei Pronto Soccorso.

Secondo il nostro osservatorio, questi episodi sono ascrivibili a fattori interni ed esterni: per ciò che riguarda i fattori interni, bisogna fare i conti con le strutture, spesso inadeguate a ricevere il numero di persone che vi si rivolgono, con evidenti lacune logistiche e strutturali, con Pronti soccorsi e interi reparti che chiudono aree per ristrutturazioni senza piani di ridistribuzione dei carichi, aumentando così i tempi d’attesa e “l’effetto imbuto”.

A questo aggiungiamo la carenza cronica di personale: abbandoni delle professioni sanitarie, mancanza di iscrizioni alle facoltà universitarie afferenti alle professioni sanitarie, emorragie di professionisti verso il mondo del privato e cessazioni per pensionamento sono solo gli aspetti più evidenti a livello numerico, ma che presentano a loro volta enormi risvolti nell’attività quotidiana. E’ il casi dei salti di riposo, delle équipe ridotte ai minimi di servizio, dei turni lunghi anche 12 ore, uniche risposte che si possono dare nel breve, per non rischiare di chiudere reparti e servizi.

L’altra metà del problema sta nei fattori esterni: il numero di persone in attesa, gli spazi ristretti e spesso privi di comfort, il tempo necessario a svolgere le indagini diagnostiche, la presenza negli ospedali di sacche di disagio sociale che finiscono per cercare di rifugio nei pronto soccorso, nei sotterranei, nelle aree protette, tutti fattori che hanno esponenzialmente aumentato aggressività e aggressioni.

Un problema noto, a cui però le Aziende, le Regioni e lo Stato sembrano non voler mettere mano: le misure a contrasto sono spesso insufficienti, e spesso si riferiscono a quell’insieme di risposte coercitive e punitive che possono avere un riscontro nel breve periodo, ma sicuramente non a lungo termine.

Come Funzione Pubblica Cgil da anni ci battiamo perché siano messi in campo strumenti reali per il contrasto di questi fenomeni e per il rilancio della Sanità Pubblica. Provando a riassumerle in pochi schematici punti, sarebbero tutte riconducibili ad alcuni caposaldi che elenchiamo:

  1. un reale investimento sulla medicina pubblica del territorio, che aiuti a filtrare gli accessi alle aree critiche e di emergenza;
  2. un progetto di rinnovo delle strutture, che rientri in un piano generale che prevede “valvole di sfogo” per i servizi temporaneamente sottopotenziati;
  3. una visione politica e una contrattazione nazionale che rilancino il valore del Servizio Sanitario (e più in generale di quello pubblico) ponendoli come perno insostituibile dello Stato e perciò potenziandoli;
  4. un’analisi del tessuto sociale in cui operano le strutture sanitarie, per evidenziarne bisogni e fragilità, anche attraverso campagne di sensibilizzazione della popolazione e campagne di presa in carico territoriale di coloro che appartengono ad ambiti sociali più fragili e delicati.

Fino a che tutto ciò rimarrà sulla carta senza tradursi in azioni concrete, o peggio ancoro fino a che si arriverà a ventilare persino l’esternalizzazione dei servizi sanitari, crediamo che questa parabola discendente non possa in alcun modo essere contrastata.

Da parte nostra, continueremo a mettere in atto ogni possibile iniziativa a sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori del servizio sanitario pubblico.

Davide Farano, Fp Cgil Varese

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