Il settore degli elettrodomestici attraversa da diversi anni una crisi. Lo si vedeva anche prima dell’acquisizione da parte di Beko: Whirlpool Emea (la parte della multinazionale che operava in Europa, Medio Oriente e Nord Africa) perdeva ogni anno decine di milioni di Euro. Senza l’intervento della proprietà americana queste ripetute perdite avrebbero portato seri rischi di tenuta in Europa.
Dopo il 2020 è emerso l’interesse di Arçelik per acquisire Whirlpool, successivamente, dopo il via libera dell’antitrust europeo e britannico nel 2024, il 2 Aprile, viene creata una nuova società chiamata Beko Europe, controllata al 75% da Arçelik con il restante 25% a Whirlpool (il marchio di quest’ultima viene concesso a Beko Europe per 40 anni).
La nuova società ha manifestato sin da subito l’intenzione di riesaminare tutti gli stabilimenti europei per verificarne l’efficienza e le varie saturazioni.
La doccia fredda è arrivata nella mattinata del 5 settembre 2024, quando la Beko Europe durante il CAE (Comitato Aziendale Europeo) ha reso nota la chiusura di 2 stabilimenti produttivi in Polonia, con 1800 licenziamenti. Ciò ha portato preoccupazione in tutti i siti italiani per il fatto che la nuova società avesse deciso tutto senza un reale confronto sindacale.
A novembre 2024 nel corso dell’incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la proprietà Beko ha annunciato che entro il 2025 avrebbe chiuso gli stabilimenti di Comunanza, Siena e due linee su cinque del freddo a Cassinetta, con un esubero di 541 unità su quest’ultima. Il totale degli esuberi dichiarati in Italia ammonta a 1935 unità.
Tutto questo ha portato sin da subito a una mobilitazione in sciopero in tutti i siti italiani. Questo nonostante che il Ministro Urso avesse dichiarato all’azienda l’utilizzo della “golden power” per evitare che la società trasferisse produzioni tra gli stabilimenti italiani e quelli europei, evitando effetti negativi a livello occupazionale.
Dopo una serie di scioperi, blocco delle portinerie, cortei e presenza massiccia sotto il palazzo del Ministero da parte di tutti i lavoratori dei vari siti italiani, si è arrivati all’accordo sul piano industriale nell’Aprile 2025. Il piano prevede 300 milioni di investimenti fino al 2027, riducendo così il numero degli esuberi a meno di 1300 persone rispetto ai 2000 iniziali, il tutto gestito con uscite volontarie e incentivate.
Il piano prevede anche la cessazione della produzione del sito di Siena entro la fine del 2025, con la riconversione dello stesso; Comunanza non cesserà la produzione al contrario di quanto comunicato in precedenza; Melano viene confermato come Hub dei piani cottura; Carinaro come Hub logistica per ricambi e Cassinetta degli elettrodomestici da incasso, come Hub del caldo e confermando tutte le linee del freddo.
Dopo sette mesi a Cassinetta sono uscite circa 300 persone, volontarie e incentivate; dal mese di novembre 2025 lo stabilimento frigoriferi ha un unico schema orario, ovvero quello a giornata.
Le candidature per la richiesta di uscita sono state più alte del previsto, questo dato è molto preoccupante perché è un segnale di sfiducia da parte dei lavoratori per la tenuta della fabbrica di Cassinetta.
Le cose vanno male nelle fabbriche del caldo (forni e micro onde) dove si registra un calo del 30% della produzione rispetto al 2024, portando a un uso della cassa integrazione superiore alle 10 giornate mensili.
Nonostante la tenuta dei volumi, la preoccupazione delle lavoratrici e lavoratori si manifesta inoltre nella fabbrica frigoriferi che, avendo prodotti analoghi, è in competizione con i siti in Romania.
Nell’ultimo incontro al Ministero il sindacato ha denunciato il poco investimento fatto sulle fabbriche, se non in piccolissima parte e la forte preoccupazione della tenuta del sito di Cassinetta e della sua sostenibilità visto il calo dei volumi e delle vendite del caldo e il passaggio di un solo turno a giornata ai frigoriferi
Inoltre il Sindacato ha chiesto alla proprietà se il motivo della mancanza di vendita è legato al marketing o strategie di vendita, perché un calo del 30% come quello che c’è stato non è spiegabile con l’andamento del mercato.
A gennaio è previsto un nuovo incontro al Ministero con la presenza della proprietà.
Nel frattempo il sindacato ha richiesto e ottenuto incontri istituzionali sia a livello provinciale che regionale, aprendo un tavolo di confronto per tenere alta l’attenzione sulla necessità di applicare il piano industriale e scongiurando il ricschio di subire passivamente il mancato rispetto degli accordi per poi trovarsi nuovi impatti negativi sull’occupazione che porterebbe ad una situazione pesantissima nella provincia di Varese.
Il Sindacato è già pronto ad una manifestazione in concomitanza degli incontri territoriali.
Pietro Pastò, RSU Fiom Cgil Beko