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Liste d’attesa in sanità, sportelli in casa Cgil

La retorica più diffusa attribuisce alla sanità lombarda caratteristiche di eccellenza, ma la realtà dei fatti è molto diversa da come viene comunemente illustrata.

A chi non è mai successo, chiamando il CUP (centro unico di prenotazione), di non sentirsi rispondere: che la prestazione richiesta potrà essere erogata in tempi lunghissimi o peggio che le agende sono chiuse?

Credo di poter affermare ad una sparuta e fortunatissima minoranza dei cittadini lombardi. Per tentare di dare una risposta efficace all’esigenza fondamentale di salute, anche a Varese sono nati gli sportelli SOS Liste d’attesa.

Dopo una sperimentazione nel lodigiano che ha dato immediatamente risultati lusinghieri, la CGIL locale ― confederale e SPI ― in collaborazione con altre associazioni quali: ACLI, Medicina democratica, COLCE ed altre ha avviato un’analoga esperienza allestendo alcuni sportelli agevolmente raggiungibili nelle Camere del Lavoro, oltre che nel capoluogo a Saronno, Marchirolo e Laveno con l’obiettivo nel medio periodo di aprirne di nuovi per una più capillare copertura del territorio.

Come si diceva all’inizio, non di rado, la richiesta di salute dei cittadini si scontra con le disfunzioni di un sistema che per il costante taglio di risorse al settore pubblico porta alla perdita di un diritto universale, quello alla salute, sancito anche dalla Costituzione.

Attraverso la nostra iniziativa e grazie alla meritoria collaborazione di volontari, debitamente formati, desideriamo tornare a rendere esigibile un diritto.

Dal punto di vista pratico, il paziente che necessita di una prestazione specialistica e che sia in possesso di un’impegnativa nella quale è prevista una particolare urgenza, a fronte di un appuntamento ottenuto al CUP oltre i termini, può esercitare il proprio

diritto al rispetto dei tempi.

Si può quindi richiedere di essere curati nell’ospedale più vicino al proprio domicilio e nei tempi indicati dal medico che ha redatto l’impegnativa.

In alternativa, qualora le strutture pubbliche non siano effettivamente in condizione di garantire la prestazione, ricevere direttamente un appuntamento presso una struttura convenzionata, anche in privato, al solo costo del ticket se dovuto.

Giova infatti ricordare che il D.lgs 124 del 1988 prevede che l’Azienda sanitaria debba indirizzare il cittadino verso le strutture pubbliche o private convenzionate e queste siano tenute al rispetto della tempistica; nel caso in cui nessuna struttura sia in grado di erogare la prestazione ATS deve garantirla in regime intra murario (intramoenia). In questo caso il cittadino non deve sostenere alcun onere economico aggiuntivo, se non il ticket qualora non sia esente.

È del tutto evidente che si sia arrivati ad una condizione fortemente penalizzante per la sanità pubblica e per i cittadini utenti, il fenomeno è riconducibile al susseguirsi di riforme sanitarie, dalla L.R. 31/’97, norma che per prima ha posto in competizione il sistema pubblico con quello privato. Da quel lontano 1997 siamo passati dall’avere una presenza di strutture private convenzionate poco superiore al 30%, alla situazione attuale dove le realtà convenzionate hanno un’incidenza paritaria se non superiore a quelle pubbliche.

Per concludere, avere sportelli efficaci non deve essere considerato una mera attività di tutela individuale, ma lo strumento per provare ad invertire un sistema che appare attualmente irreversibile.

A livello nazionale viene destinato più di un miliardo all’intramoenia di questa cifra 800 milioni per i professionisti e 200 per il SSN. Un sistema finanziario così strutturato induce ovviamente a ridurre la disponibilità del pubblico per incentivare il ricorso a prestazioni private.

Aumentare la consapevolezza e di conseguenza le prestazioni in regime di ticket, anche se erogate privatamente, potrebbe essere il primo passo per scardinare un sistema profondamente ingiusto.

Francesco Vazzana – Dipartimento sociale Cgil Varese

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